CURIOSITÀ
Cinquantatré vedute del Giappone
di
Autori Vari
– 1° parte –



Buongiorno lettori,
oggi un post speciale che coinvolge diversi autori!

Qualche settimana fa vi avevo segnalato l’uscita della raccolta di racconti Cinquantatré vedute del Giappone, edita Idrovolante Edizioni, a cura di Linda Lercari e Furio Detti, dove potete trovare anche il mio racconto dal titolo: “Il fiore del destino“.

Con la collaborazione di Linda Lercari, che è stata così gentile da fare da tramite, oggi alcuni degli autori della raccolta ci raccontano alcune curiosità in merito al loro racconto, come hanno trovato l’ispirazione o un aneddoto saliente riguardante la sua stesura.


Poiché in molti degli autori hanno risposto all’iniziativa e per non creare un post eccessivamente lungo, ho deciso di dividerlo in tre parti (salvo imprevisti, la seconda parte sarà pubblicata lunedì 29 giugno e la terza lunedì 6 luglio).

Ora partiamo prima di tutto con un mio piccolo pensiero riguardante il mio racconto…



ILARIA VECCHIETTI (Il fiore del destino)

Appena ho saputo del concorso ho riflettuto sul tipo di racconto da scrivere per partecipare, soprattutto perché il Giappone (sia come storia, tradizioni e panorami) è sempre stato un paese che mi ha incuriosita, anche se non ho ancora avuto il modo di visitarlo.
Il mio racconto, Il fiore del destino, è nato dalla mia fantasia osservando immagini di templi della città di Osaka, in cui la storia è ambientata, che mi hanno dato l’ispirazione iniziale e storie sul Giappone con tutti i loro fiori di ciliegio, le loro tradizioni e discipline.
ORAZIO FRANCESCO BARBI (Il piccolo Komadori)

 

Prima di spiegare da dove abbia tratto ispirazione per il mio racconto, desidererei anzitutto condividere brevemente l’esperienza che mi ha portato a maturare una profonda passione per il Giappone, e in particolare per lo Shintoismo, cosa che inevitabilmente ha influenzato la mia Weltanschauung, ovvero, la mia personale visione del mondo e della vita. Paradossalmente, potrei affermare di non essere stato io ad aver scoperto in me questo amore per l’Oriente, ma che questi si sia manifestato spontaneamente dinanzi a me. Il tutto avvenne quando, casualmente, sul web, m’imbattei in una stampa giapponese, raffigurante degli spiriti della mitologia nipponica e alcuni samurai. Già praticante d’arti marziali, mi sentii enormemente attratto da quel mondo incredibile, che mi pareva così distante dalla vita ordinaria. Iniziai così ad approfondire la cultura giapponese, inizialmente su internet reperendo da più siti possibili le informazioni, poi sui libri. Uno dei primi, era un’enciclopedia di Shigeru Mizuki, mangaka giapponese, una sorta di stravagante bestiario del XXI secolo, dove, con immagini in stile fumettistico, erano raccontati leggende popolari e misteri di mostri e di spiriti d’ogni genere, da gatti giganti a tazzine e lanterne parlanti, da monaci fantasma ad alberi spiritati.  Aprendo il libro in questione, vi si può leggere una premessa dell’autore, dove questi avvisa i lettori che, dopo essersi immersi in quell’enigmatico mondo del folklore Shinto, non si osserverà più con i medesimi occhi la realtà circostante e, come afferma Shigeru Mizuki stesso, girando in un bosco, sarà loro “impossibile negare che quella roccia stia respirando o che dentro quell’albero sia imprigionata un’anima” e, in effetti, così fu per me. Realizzai, infatti, quante molteplici prospettive, o meglio vedute della realtà potevano esistere, quanto fosse riduttivo arenarsi placidamente s’una di queste definitivamente. Lo Shintoismo ha una visione panteista, se non persino panica, dell’universo, dal quale trasuda l’essenza divina, presente in ogni persona, animale od oggetto, che spinge i giapponesi a una venerazione a tutto tondo della natura; infatti, non è difficile trovare un racconto folkloristico dove non appaia un sandalo che ha preso vita, una volpe dalle nove code che parla e che incanta gli uomini o ancora una campana di un tempio abbandonato che suona da sola. Iniziai, quindi, con una del tutto nuova meraviglia a guardare il paesaggio limitrofo, forse facilitato dal vivere a ridosso di un bosco, cosa che per altro ha stimolato la mia passione per la poesia Haiku. Alle soglie del 2020, sono contattato da due cari amici, con i quali condivido questa passione, che mi avvisano, conoscendo il mio amore per la scrittura, di un Contest letterario riguardante il Giappone. Non avendo mai inviato i miei scritti a nessuno, in un primo momento esito a farlo. Passato qualche giorno, decido di assistere a una conferenza riguardo al Pensiero del periodo Edo; nel corso dell’esposizione è trattato il folklore nipponico e, immediatamente, come col sapore della Madelaine de Proust, si riaccende in me quella lunga passione. Di ritorno verso casa, al calare del Sole, decido di percorrere una strada secondaria, che dà su un sentiero nel bosco, per fare una piccola passeggiata. Ad un tratto intravedo un pettirosso intento a intingere il becco in una pozzanghera; proprio da quell’accostamento d’elementi, dal rossore del tramonto ornato dalle fronde, a quell’uccellino, così leggiadro, legato indissolubilmente all’aria, ma rivolto verso l’acqua e la terra, mi sovviene immediatamente una leggenda riguardo agli Suzume, termine giapponese per indicare i passeri, e a un loro mitico peregrinare verso l’oceano. La mia mente inizia così a viaggiare, immaginando una qualche possibile storia legata a ciò, traendo ispirazione dai racconti di Shigeru, e, giunto a casa, stendo rapidamente il tutto.
FOSCO BAIARDI (Gli spiriti delle fiamme)

 

Non penso di aver avuto un’illuminazione particolare nella stesura di questo racconto. È da una ventina d’anni che la cultura del Giappone mi interessa e appassiona, con un occhio di riguardo per la storia del periodo Sengoku e la filosofia dei samurai, ma anche per il folklore, le architetture e non ultimo i manga. Da tutto questo sono emersi spontaneamente un romanzo giallo già pubblicato e una serie di racconti che vedono protagonisti degli onryō, spiriti vendicatori di donne innocenti uccise da uomini fedifraghi tra cui, appunto, Gli spiriti della fiamme.
ALESSIA OLIVERI (La ciotola stellata)

Mi chiamo Alessia Oliveri e sono l’autrice del racconto dal titolo “La ciotola stellata”.
 
Si tratta di una favola che rappresenta la sintesi delle mie principali passioni: scrivere, viaggiare e produrre manufatti di ceramica.
E’ proprio quest’ultima passione che mi ha ispirato ad immaginare il momento e la sorpresa di chi è riuscito a realizzare, con il solo impiego di terra, acqua, fuoco e aria, l’Inaba tenmoku, una ciotola stellata dal valore inestimabile, considerata la più bella al mondo ed acquistata all’asta nel 1934 da Koyata Iwasaki, quarto presidente della multinazionale Mitsubishi. La ciotola è attualmente conservata presso il Seikado Bunko Art Museum.
 
 
La smaltatura di un manufatto di ceramica è sempre un momento suggestivo. Il risultato finale non è mai prevedibile con certezza, perché sono molti i fattori che ne influenzano la buona riuscita. Tutte le volte che porto a cuocere un oggetto mi sento come il protagonista della storia. Per questo motivo ho voluto condividere con voi l’emozione di quel momento.
ANNALISA INSERILLO e MAURO BEDENDI (Invito a nozze)

 

Mauro: Non essendo mai stati in Giappone non avevamo esperienze reali da raccontare. Così abbiamo deciso di attingere alla nostra fantasia ma anche lì le idee non sono subito arrivate. Anna nonostante non ci sia mai stata conosce molte cose del Giappone grazie al suo sito web ma non sapevamo come metterle dentro ad un racconto. Poi una mattina, mi chiama ridacchiando, “Mauro, Mauro, non ti immaginerai mai che sogno che ho fatto!”…. (ride)

Annalisa: Si, avevo fatto un sogno particolare e prima di dimenticarlo glielo volevo raccontare. Così appena sveglia, l’ho subito chiamato. Quello che ho sognato non è quello che abbiamo scritto nel libro però è il risultato di un lungo fantasticarci e ricamarci abbondantemente sopra. Possiamo dire che, siamo partiti da un sogno e poi, magicamente, qualcosa di quel sogno, è finito tra le pagine di un libro ed è diventato reale! (ride)
GIORGIO CAPRIATA (Hanami)

 

Il racconto non è ispirato a un evento particolare, sono stato semplicemente spinto dalla necessità di mettere nero su bianco le sensazioni e le emozioni (così intense e impresse nella memoria) dei viaggi fatti in Giappone, oltre che dal bisogno di mettere alla prova la fantasia e testare le capacità di scrittura, per capire se sono in grado di trasmettere qualcosa al lettore.
DOMENICO BERTINI (Watasan)

 

Il racconto di Watanabe, è nato stranamente da uno scherzo.
Mi trovavo in Giappone nel 2003 ed avevo bisogno di contattare una mia collega del software per questioni di lavoro, la quale era stata in Giappone per la prima volta una settimana prima di me. Sapendola ancora eccitata per questa sua recente esperienza, ho terminato la mia mail con una frase scherzosa, che riportava i saluti di un inesistente ed improbabile Watanabe.
“Ti ricordi di Watanabe? Quel giardiniere che abita nella salita che porta al tempio di Shimazu? Sì, proprio lui, ti manda a salutare!” 
Questo fantomatico personaggio continuava a ronzarmi nella testa durante il giorno mentre lavoravo, e la sera, tornato in hotel arricchivo la frase aggiungendo nuovi particolari. Un po’ alla volta, giorno dopo giorno, Watanabe aveva cominciato ad avere una sua consistenza ben definita con una sua storia personale, finché dopo circa una settimana, dal nulla, Watanabe era diventato per me, una persona reale con una sua storia personale, un suo carattere e le paure e le fissazioni di un individuo che vive la sua solitudine.
Ho fatto leggere questa breve novella ad amici e colleghi, e tutti mi hanno esortato a scrivere un libro. Io ero ben consapevole della difficoltà per un meccanico di scrivere un libro, senza incorrere nel rischio di sembrare patetico o ridicolo, (a ciascuno il suo lavoro) poi però mi son detto: visto che in una settimana, dal nulla sono riuscito a creare una storia simpatica, se scrivo una storiella al mese, alla fine dell’anno potrei avere abbastanza materiale da pubblicare una raccolta di racconti!
Pensavo, con l’ingenuità dei dilettanti, che come con il primo racconto, sarebbe bastato fissare un soggetto e poi continuare a ricamarci attorno finché la storia non avesse preso consistenza da sola.
Ho cominciato così nella seconda novella, a seguire un nuovo ed improbabile personaggio, descrivendo quanto gli accadeva.
Per terminarla mi ci sono voluti quattro anni ed un anno per pubblicarla.
Non mi ritengo assolutamente uno scrittore ma bensì una persona, che ha qualcosa da raccontare e lo fa in un modo che il lettore, resti interessato o incuriosito dalla storia.
Non saprei cos’altro aggiungere, in fondo si tratta di una cosa molto piccola, spero solo che quanto sopra, possa essere per voi di qualche interesse…
SIMONE GIUSTI (Sandō)

 

L’ispirazione è nata subito, prepotente come una tempesta, vibrante come una cascata. Sentivo che il tema del Giappone era perfetto per raccontare ciò che mi stava a cuore: il viaggio dentro di sé. Un viaggio fatto di ostacoli da affrontare, di demoni da sconfiggere e integrare, un viaggio che conduce a poteri e talenti da riattivare per risvegliarli nella realtà.
Una rapidissima ricerca in rete mi ha permesso di scoprire il Sando, il sacro sentiero costellato di pali rossi che conduce al centro templare. E mi sono reso conto che era perfetto per narrare la mia storia: un incubo di prove per purificare chi siamo noi.
SABRINA TRAVI (Il monte Koya)

 

L’ispirazione è arrivata spontaneamente appena ho saputo di questo concorso.
Stavo scrivendo una specie di guida basata sulla mia esperienza di un anno a Tokyo da studentessa e tempo addietro curavo un blog dove annotavo giornalmente quello che mi accadeva durante i miei viaggi in Giappone, un diario che però si è interrotto bruscamente per vari motivi proprio prima della mia avventura/disavventura sul monte Koya; ho colto quindi l’occasione al volo per iniziare semplicemente a colmare il vuoto tra queste due “cronache della mia esistenza”.
Ho poi saputo di essere stata selezionata e il fatto di scoprire che qualcuno potesse essere interessato a un mio racconto tanto da volerlo inserire in un’antologia ha dato nuova linfa al mio desiderio di scrivere ormai sopito e da allora la mia guida si sta trasformando in una sorta di romanzo interattivo, posso dire quindi che questa pubblicazione è per me un doppio motivo di gioia.
VALERIA DOTTO (La Società Segreta Dei Ciliegi)

 

In realtà, l’ispirazione per il romanzo mi è venuta proprio grazie a Sakura Magazine. E’ lì che ho imparato tutto il giapponese che conosco e proprio mentre stavo studiando i Kanji, mi sono imbattuta in quello dei ciliegi. Secondo la lettura cinese si pronuncia Ou mentre in giapponese Sakura. Pensai che sembrasse un nome e un cognome: Ou Sakura, lo stesso Kanji ripetuto due volte; La singolarità della cosa mi portò a immaginare l’intera trama della storia in circa dieci minuti. Il romanzo per esteso si trova in e-book su Amazon, il suo riassunto nell’Antologia di cui sono tanto felice di far parte. 

 

 
Non vedo l’ora di leggere gli altri racconti.

E voi lo farete?

Buona lettura!

 

 

Link per l’acquisto direttamente dalla casa editrice: https://www.idrovolanteedizioni.it/libri/cinquantatre-vedute-del-giappone/


Link per l’acquisto su Amazon