La parola all’autore:
“La lunga strada verso te”

di
Francesca A. Vanni

Buongiorno lettori,
eccomi con la rubrica “La parola all’autore” (se ancora non la conoscete è una rubrica di approfondimento su autrici e autori e i loro libri, e gli approfondimenti sono scritti direttamente dalle autrici e dagli autori interessati).

Oggi torna Francesca A. Vanni e ci parla del romanzo La lunga strada verso te (in fondo al post tutti i link riguardanti l’autrice).

 

Scrivere della Shoah sembra facile, almeno così può apparire agli occhi di un lettore.

Se ne parla “tanto” (secondo me non abbastanza, visti gli ultimi risvolti politico sociali) e poi tantissime persone hanno scritto sopra questo argomento, perciò è un gioco da ragazzi.

Niente di più sbagliato.

Scrivere qualcosa riguardo il tema delicato della Shoah è davvero difficile, specie se non lo hai vissuto sulla tua pelle.

Questo libro è stato per me una sfida, che ho raccolto con passione e determinazione anche perché è sempre stato un mio desiderio narrare una storia che ruotasse attorno agli anni più bui della Storia contemporanea.

Non sono ebrea, ci tengo a precisarlo: sono una persona che detesta ogni forma di odio e discriminazione, penso che la massima forma di civiltà si esprima nel rispetto e nell’amore verso il prossimo ed ecco il motivo per cui ho cominciato a scrivere La lunga strada verso te.

I protagonisti di questa storia sono Benjamin, di religione ebrea, e Frederik che è un austriaco dissidente politico antinazista.

Fra loro c’è una storia d’amore molto intensa e immagino che vi chiederete perché ho scelto una coppia omosessuale.

Il motivo è semplice: anche le persone appartenenti alla comunità LGBT sono state perseguitate e uccise dal regime nazista, come tutti coloro che venivano considerati “diversi”, ma di loro anche oggi si parla pochissimo.

Io ho voluto dare rilevanza anche a questo.

L’altro tema importante del mio romanzo viene raccontato attraverso Anne, la nipotina di Frederik che insieme a lui fuggirà fino a Londra: la guerra vista attraverso gli occhi dei bambini.

Nel creare Anne ho pensato a tutti i bambini che dalla notte dei tempi hanno dovuto patire il dolore, la paura e la devastazione che i conflitti portano con sé.

Il suo è un grido di terrore ma anche un segno di speranza poiché, nonostante tutti gli orrori, Anne riesce a sperare in un futuro luminoso.

La narrazione si dilunga in due parti, quella di Frederik dove la fantasia si mescola alla realtà e dove troviamo il grande matematico Alan Turing che ha saputo decodificare il codice Rebecca, e quella di Benjamin che è stato deportato a Dachau.

Ricostruire la realtà dei campi di concentramento è stato molto difficile, ho dovuto fare ricorso a episodi del mio vissuto per mettere nero su bianco la sofferenza profonda che Benjamin e i suoi amici hanno provato anche se la parte più difficile è stata la creazione dell’antagonista, l’ufficiale nazista che perseguita Benjamin per tutto il lungo periodo della prigionia.

Di solito non ho grandi problemi nello sviluppo della figura antagonistica, questa volta invece ho dovuto fare leva su me stessa per portare avanti il pensiero di qualcuno che ritiene giusto e “umano” l’annientamento del prossimo in visione di “un mondo migliore”.

Il libro procede nella parte finale attraverso gli anni del primo dopoguerra, spostandosi lontano dall’Europa e seguendo appunto la logica di Anne che insegna a tutti quanti che il cielo è sempre blu, anche quando non c’è il sole.

Vorrei che fosse questo il messaggio del mio romanzo: mai arrendersi, lottare sempre per ciò che è veramente giusto e per un mondo pieno di pace e di amore.

Grazie tante Francesca per averci raccontato queste interessanti informazioni.
Un romanzo che è nella mia lista di lettura!

E voi cosa ne dite?

Buona lettura!

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