La parola all’autore:
Per cambiare il lavoro dei giovani,
dobbiamo partire dalla scuola
di
Valentina Magri

Buongiorno lettori,
eccomi con la rubrica “La parola all’autore” (se ancora non la conoscete è una rubrica di approfondimento su autrici e autori e i loro libri, e gli approfondimenti sono scritti direttamente dalle autrici e dagli autori interessati).


Oggi Valentina Magri che ci parla del suo saggio “Gioventù bloccata” (in fondo al post tutti i link riguardanti l’autrice).

“Il lavoro è fatica… oggi i giovani non vogliono proprio fare i lavori che facevamo noi’‘. L’ha detto l’attore Claudio Amendola nel maggio 2023 in un’intervista rilasciata a “Gambero Rosso” in occasione dell’apertura del suo locale “Frezza Cucina de Coccio” nel centro di Roma.
Le sue parole rappresentano uno dei tre filoni della narrativa italiana sulla disoccupazione giovanile: quello colpevolista. Vi sono poi quello drammatico, per cui si piange addosso ai giovani per le loro sventure lavorative e quello scarica-barile, per cui si attribuisce la colpa della loro condizione lavorativa a fattori esterni (crisi, tagli alla scuola ecc). Tuttavia, il dibattito sul tema dell’occupazione giovanile è spesso rassegnato al fatto che la situazione sia immutabile. Ma è davvero così?

I problemi dei giovani italiani
Innanzitutto, partiamo dai problemi con cui i giovani devono fare i conti sul mercato del lavoro italiano: overskilling / underskilling (competenze superiori o inferiori a quelle richieste dalla mansione svolta), overeducation / undereducation (istruzione superiore o inferiore al ruolo svolto), mismatch (mancata coerenza tra gli studi e il lavoro svolto; si veda il grafico sotto), record a livello europeo di NEET (Neither in Employment, Nor in Education or Traning, ossia i giovani che non studiano e non lavorano) e fuga dei cervelli all’estero.

Questi problemi sono tutti sintomi di un unico male: il difficile passaggio dalla scuola al lavoro in Italia, che finisce per bloccare i giovani italiani in mezzo al guado.

Gli ostacoli al passaggio dalla scuola al lavoro
Uno studio di McKinsey & Company ha stimato che la disoccupazione giovanile è dovuta per il 60% al ciclo economico, mentre per il 40% è strutturale e riconducibile a un disallineamento tra il mondo del lavoro e quello della scuola. Del resto, il nostro sistema d’istruzione sforna giovani ricchi conoscenze teoriche, capacità dialettiche e cultura, ma poveri di «saper fare» e competenze maggiormente legate al mondo del lavoro, che dovranno imparare sul campo dopo.
Le aziende, dal canto loro, lamentano di non trovare giovani con esperienza lavorativa e competenze hard e soft inadeguate rispetto alle loro necessità. Ma si guardano bene dal fornire ai giovani una formazione professionalizzante, che diventa una sorta di “patata bollente” di cui non vogliono farsi carico né la scuola, né le imprese. Dando origine così alla “saga delle aziende che non trovano candidati”, per dirla con il cacciatore di teste Osvaldo Danzi. Tali imprese magari si scopre che hanno messo annunci di ricerca solo fuori dal negozio, non usano il web per cercare e attrarre candidati, offrono pessime condizioni di lavoro, cercano lavoratori solo tra amici, conoscenti e parenti (si veda il grafico sotto). Un approccio che impedisce di mettere le persone giuste al posto giusto.

La ricerca del lavoro “sotto casa” è un errore commesso sovente anche dai giovani, che si (auto)limitano le opportunità di lavoro. Un altro atteggiamento scorretto dei giovani consiste nel rimandare la scelta del lavoro al termine degli studi. Ciò li porta a bussare le porte delle aziende molto tardi e solo dopo aver conseguito il diploma o la laurea. Porte che difficilmente si aprono, in assenza di esperienza lavorativa. Innescando la “trappola dell’esperienza lavorativa”, per cui i laureati o diplomati non sono assunti dalle aziende in quanto privi di esperienze lavorative, ma al contempo non riescono a svolgerle perché nessuno li assume (si veda l’immagine sotto).

Una trappola in cui si può evitare di cadere svolgendo d’estate o nei weekend qualche forma di esperienza, sia essa volontariato, servizio civile, lavoretti estivi, part-time ecc. In questa fase iniziale, la retribuzione deve essere secondaria rispetto all’obiettivo primario di apprendere competenze e il funzionamento del mercato del lavoro.
Un mercato fortemente limitato dal tessuto produttivo italiano di pmi, cui Banca d’Italia addebita bassa produttività e limitata domanda di lavoro qualificato, che genera così un circolo vizioso di stipendi inferiori e modeste opportunità di lavoro, e scoraggia gli investimenti in istruzione. Quello italiano è anche un mercato del lavoro dove il merito è visto come nemico dell’uguaglianza, dove sono gli anziani a ricoprire posizioni di comando e fino a 40 anni si è considerati giovani. Per non parlare poi della situazione nel Mezzogiorno, che sconta un ritardo con il Nord in termini di sviluppo economico e di infrastrutture. In questo contesto, come sbloccare la “gioventù bloccata” italiana?

Le possibili soluzioni
Innanzitutto, l’Italia puntare su un sistema d’istruzione duale, che fornisca sia conoscenze teoriche, che competenze pratiche utili sul lavoro. Sempre in questa direzione, bisogna potenziare gli ITS Academy, i PCTO (l’ex alternanza scuola lavoro), promuovere l’apprendistato alla tedesca e l’orientamento scolastico e professionale. Sarebbe utile anche una “scuola à la carte” (ossia con piani studio più flessibili), un rilancio della riforma del 3+2, un miglioramento delle politiche attive del lavoro, politiche per lo sviluppo del Mezzogiorno e un ambiente più favorevole alle imprese. Che pure devono fare la loro parte, dando spazio, voce e soldi ai giovani.

Anche l’Europa può dare una mano, innanzitutto dando incentivi agli investimenti in R&S, finanziati tramite gli Eurobond. Il che a sua volta presuppone una politica fiscale europea comune. Servirebbe anche una maggiore flessibilità applicata alla spesa pubblica, stabilendo una condizionalità europea, per cui chi vara riforme con spesa in deficit deve produrre studi di fattibilità che dimostrino il loro impatto sulla crescita.
Infine, anche giovani e famiglie devono fare la loro parte. Queste ultime non devono tarpare le ali ai figli, ma neppure mantenerli a vita. Dal canto loro, i giovani dovrebbero informarsi bene sul mercato del lavoro e fare esperienze lavorative il prima possibile, in modo da capire prima di concludere la scuola quale direzione di carriera prendere. 

Grazie tante Valentina per questo approfondimento sul tuo libro e sui problemi nel mondo del lavoro per i giovani.
Su questo argomento se ne potrebbe parlare per ore, e quindi sono curiosa di leggere il libro… sperando che piano piano il problema venga risolto.

E voi cosa ne dite?

Buona lettura!

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