Anno 820 della Quarta era.
La guerra aveva raggiunto la caverna in cui abitava e la protezione da lui creata era debole, come lo era ancora la sua magia. Lampi e luci di ogni colore tempestavano il cielo, le nuvole minacciavano temporali e oscuravano la grande stella del dio Grian di giorno, e quella minore della dea Ghealach di notte. Il cielo non si vedeva più da anni, ormai.
Le battaglie non avevano mai coinvolto il giovane che scrutava il cielo, in attesa della fine di tutto il dolore e della sofferenza che incombevano sull’isola, ma avevano trascinato via coloro che più amava, i suoi genitori.
Accanto a lui, l’uomo che lo aveva cresciuto dopo la loro dipartita, e aiutato con la sua magia, lo scrutava, cercando di capire se il suo allievo avesse raggiunto una padronanza sufficiente dei propri poteri.
Era cresciuto in un mondo buio, circondato da pareti rocciose, ruvide e grigie. Nei primi anni della sua infelice vita, sua madre aveva alleviato quella solitudine, ma, con la sua morte, tutto era diventato più oscuro; e non solo sull’isola, anche dentro il suo cuore. Tutto quello che ricordava della sua vita era quel luogo e il piccolo bosco antistante la sua casa, dove soleva allenarsi con riguardo.
Ma anche quel piccolo sprazzo di colore stava svanendo. Gli incendi avevano quasi raggiunto la sua abitazione e lui non sarebbe stato in grado di contrastare i suoi nemici.
All’improvviso, la terra iniziò a tremare sotto i suoi piedi, un boato assordante riempì le orecchie del giovane mago, sostituito, subito dopo, da un sibilo che permase dentro di lui a lungo. Si chinò, premendo le mani sulle tempie, come per scacciare quell’orribile sensazione di disagio e disorientamento.
Poi il silenzio. I rumori delle battaglie, i fruscii degli incantesimi, tutto era cessato.
Cos’era successo?
Il viso del suo mentore, apparso alle sue spalle, gli fece capire che non c’era più tempo. Il momento era arrivato, doveva uscire da lì e affrontare il mondo al di fuori del suo buco.