Tutto inizia in una fresca sera d’estate di fine XVI secolo. Tra i campi poco distanti dall’antica città siciliana di Leontini (l’odierna Lentini), i due giovanissimi fratelli Chiaramonte, Girolamo e il piccolo Vito, cercano di ritrovare il loro cagnolino. Ciò li conduce nei pressi di un rifugio abbandonato, ove un tempo viveva un misterioso vecchio. All’interno della struttura, Girolamo rinviene alcuni misteriosi e antichi incartamenti, tutti riguardanti la realizzazione di una portentosa e leggendaria medicina.
Oltre vent’anni dopo, Girolamo si trova a Napoli ed è ormai un affermato alchimista, nonché fautore del Elixir Vitae, un efficacissimo medicamento creato proprio grazie ai suoi studi su quelle carte. Una brutta notte, però, queste ultime gli vengono sottratte dal Munaciello, un famigerato spiritello napoletano, estremamente dispettoso e ostile verso Napoli e i suoi abitanti, il quale spiega a Girolamo i motivi del suo gesto e di ciò che si cela dietro il suo eterno tormento.
Inizia, così, un percorso interiore del siciliano che lo porta a ripensare al suo passato e a vivere il suo presente in una diversa consapevolezza, slegata dall’esclusivo interesse verso la fama e il profitto, giungendo, così, all’epilogo della singolare e misteriosa vicenda, usufruendo anche del prezioso aiuto di una fata buona: la Bella ‘Mbriana.
Vi lascio anche una curiosità:
Il protagonista del romanzo, Girolamo Chiaramonte, è un alchimista siciliano realmente vissuto tra il ‘500 e il ‘600. Si sa pochissimo di lui se non il fatto di essere stato, appunto, l’inventore di questo misterioso Elixir Vitae e di aver operato come guaritore in molti luoghi d’Italia, tra cui appunto Napoli (il resto delle vicende narrate nel libro sono, ovviamente, il frutto della fantasia dell’autore).
‘O Munaciello e la Bella ‘Mbriana sono, invece, due figure tipiche del folklore napoletano, per certi versi opposte e al centro di numerosi racconti popolari.