Intervista all’autore…
Pietro Pancamo

Buongiorno lettori,
in collaborazione con Simona Mirabello ufficio stampa, per questa rubrica oggi vi presento Pietro Pancamo.

Diamogli un grande Benvenuto ed eccovi l’intervista.

1 – Raccontaci di te.

Sono un editor professionista, nato nel 1972 e figuro nell’antologia Poetando (Aliberti, 2009), curata da Maurizio Costanzo.
Ho collaborato con “Il sabato del racconto”, rubrica settimanale dell’edizione parmense de «la Repubblica».
La radio nazionale della Svizzera italiana mi ha dedicato una puntata del programma Poemondo.
Fra i giornali e le riviste che hanno trattato di me – o su cui sono apparse, talora in inglese, mie liriche, novelle o recensioni –, si ricordano il «Corriere della Sera», «Il Fatto Quotidiano», «Atelier», «Carmilla», «Gradiva», «IF. Insolito & Fantastico», «La poesia e lo spirito», «Nazione Indiana», «Poesia» (Crocetti editore), «Poetarum Silva», «Vibrisse» e il blog «Poesia» della Rai.

Per «Beyond Thirty-Nine» (portale di Hong Kong, fondato dal romanziere della Mursia Angelo Paratico) ho ideato e presentato un podcast culturale in inglese.

Oltre a curare la sezione poesia del mensile online italo-olandese «Il Cofanetto Magico» (diretto da Maria Cristina Giongo, articolista di «Avvenire»), attualmente conduco, su MarateaWebRadioTv, la rubrica letteraria “(Pod)cast away”.

2 – Quando è nata la passione per la scrittura?

Ho iniziato a scrivere sotto l’influsso delle mie letture; confesso che prediligevo la narrativa. Non a caso, da giovane, ho preso ben presto a buttar giù (per gioco, vale a dire per propensione naturale) una serie di piccole novelle. E dato che come obiettivo principale si proponevano quello di lavorare intensamente sul linguaggio, così da riecheggiare in qualche modo la prosa lirica dell’ultimo Pirandello, ecco che intorno ai vent’anni sono passato spontaneamente alla poesia. Ricordo che si trattò di una fase molto creativa: il mio cervello sfornava versi in continuazione, ad ogni ora, senza che io minimamente li cercassi o “propiziassi”.

Adesso comunque, dopo un periodo piuttosto lungo durante il quale mi son dedicato quasi esclusivamente alla stesura di liriche e articoli, ho ricominciato a scrivere racconti, badando scrupolosamente a permearli tutti di una spiccata ironia, dal momento che la realtà attuale e la razza umana in genere mi convincono decisamente poco.

3 – Quali sono i libri e / o racconti che hai pubblicato finora?

Ho pubblicato la silloge poetica Manto di vita (LietoColle, 2005) e l’e-book di racconti Sia fatta la Tua comicità. Paradise strips (Cletus Production, 2012).

4 – Se scrivi soprattutto poesie, da cosa trai ispirazione?

A dettarmi letteralmente le liriche, oppure i racconti e gli articoli, che poi pubblico in Rete o sulla carta stampata, è l’abitudine che ho di fare esercizio fisico e movimento, ma soprattutto di marciare nei boschi, lungo ripidi sentieri: quando cammino, infatti, a volte piango, a volte rido, a volte impreco, a volte prego. In altre parole, l’adrenalina del movimento è una specie di sisma neurale per me e spesso provoca, nel sottoscritto, una sorta di estasi spirituale che inevitabilmente lo porta a creare.

5 – So che hai curato la raccolta Senza tema! Poesie coraggiosamente atematiche, ce ne puoi parlare? Come è nata l’idea? E quanto è difficile “assemblare” il lavoro di più autori in un unico libro?

L’idea è nata dal desiderio che avevo di oppormi alla moda imperante delle antologie a tema, che troppo spesso imbrigliano la fantasia e l’ispirazione degli autori; nel volume che ho curato io, invece, a ciascun poeta è stata lasciata completa libertà di scegliere autonomamente la materia da trattare; ne è nata, così, un’opera corale in cui tutti, svincolati com’erano da forzature di sorta, hanno avuto una preziosa opportunità d’esprimersi al meglio.

Ecco qui di seguito alcuni estratti dai commenti critici che, all’interno del libro, ho dedicato a ciascuno dei quattro autori antologizzati (assemblare i quali non è stato affatto difficile): Kikai, Angela Lombardozzi, Tommaso Meldolesi e Fabio Sebastiani.

“Secondo il critico e storico della musica Massimo Mila, il sentimento predominante, nei brani di Mozart, è una sorta di benefico sorriso fra le lacrime. Io credo di poter dire lo stesso per i versi della brava Kikai.

[…] Le liriche di Angela Lombardozzi s’improntano invece ad un serrato flusso di coscienza, magistralmente concepito per rispecchiare la concitata e penosa assenza di senso, dalla quale l’esistenza quotidiana di noi uomini è ahimè afflitta.

[…] E se le poesie di Tommaso Meldolesi prendono le mosse da una tenera o meglio sognante rassegnazione che, pur attraversata sempre da una favilla di speranza, piega spesso il ginocchio dinanzi alle (s)torture dell’esistenza, Fabio Sebastiani, in una continua e ica(u)stica dissolvenza incrociata d’immagini che sfumano rapide l’una nell’altra, ci svela impietoso le piccole miserie del grigiore quotidiano, presentandole come un rito scaramantico a cui noi esseri umani, in nome di una vita completamente ottusa e quindi molto più comoda, ci siamo autoaddestrati e autoaddomesticati con tenacia imperterrita”.

6 – Cosa ne pensi del self publishing?

È utile.

7 – Se a tua volta sei un autore self curi da solo ogni fase di pubblicazione o ti avvali di qualche collaboratore (esempio: agenzie letterarie, correttori di bozza, illustratori, ecc.)?

Faccio da me, con l’aiuto di un ufficio stampa.

8 – Cosa ne pensi delle case editrici a pagamento?

A volte sono utili anche quelle.

9 – Ultimamente stai lavorando a qualche nuova opera?

Sì, una raccolta di versi e prose poetiche.

10 – Come concili la passione per la scrittura con la vita personale e quotidiana?

Non c’è nulla da conciliare: scrivere è la mia unica attività quotidiana.

11 – A quale autore / autrice ti ispiri, se ti ispiri?

Dino Buzzati, per la fantasia solenne, toccante e tragica di alcune sue novelle, come ad esempio I sette messaggeri e Sette piani; poi Italo Calvino, che ho sempre ammirato per l’ineguagliabile creatività che lo sostiene e per la camaleontica facilità con cui il suo stile muta e si trasforma da un’opera all’altra.

Per quanto riguarda la poesia, apprezzo davvero molto Federico García Lorca (per il tono “immaginifico” di alcune sue liriche) ed Edgar Allan Poe (per la bellezza fosca e allucinata di testi come Il corvo o Il verme conquistatore). Infine, non posso certo dimenticare Vittorio Alfieri, i cui versi sono spesso retorici, se vogliamo, ma che in passaggi come ad esempio “morte, a troncar l’obbrobrïosa vita,/ che in ceppi io traggo, io di servir non degno,/ che indugi omai, se il tuo indugiar m’irrìta?” si riscattano prontamente per quel sentimento di dignità ferita (e perciò “ruggente” o leonina, se non eroica addirittura) che sanno indubbiamente esprimere.

12 – Qual è il tuo libro preferito?

Le cosmicomiche.

13 – Cosa ne pensi del mondo dell’editoria in generale?

Per spiegare ciò che penso dell’editoria, prenderò il caso della narrativa, nel cui campo sono molti gli autori attualmente incensati dalla critica. Ma quando vai a leggerli, ti accorgi che da un volume all’altro, da un romanziere all’altro, cambiano ovviamente i personaggi, le trame e le ambientazioni. Non lo stile, però. Che anzi (tutto a base com’è di frasette secche secche composte solo di soggetto, predicato verbale e complemento) resta puntualmente e ossessivamente quello, col risultato che spesso hai quasi l’impressione di avere per le mani sempre e ineluttabilmente lo stesso autore. Un simile appiattimento (che non esito a definire brutale) della creatività linguistica e sintattica degli scrittori, si deve alla logica di mercato tipica delle case editrici maggiori, secondo cui i lettori non sono che una massa di pigri analfabeti, allergici sia agli incisi che ai periodi articolati. Sentendomi così apprezzato e stimato, io, come lettore, ho deciso – e già da tempo – di ignorare sistematicamente gli editori principali, per dedicarmi a quelli minori o addirittura locali. Ecco perché ho sviluppato l’abitudine, ogni volta che entro in libreria, di scartabellare esclusivamente (con cura, attenzione e a lungo) negli scaffali più nascosti o remoti: infatti è lì che si celano (di tanto in tanto) le opere vere, ossia pubblicate da gente che si sforza di dire la sua in maniera originale, diversa e personale, senza mai abbandonarsi alla paratassi endemica e virale, “ordita” e “sintetizzata in laboratorio” dai colossi della carta stampata. Insomma, morale della favola, un buon libro bisogna cercarlo, scoprirlo, conquistarlo, perché non necessariamente è in bella mostra, nei cataloghi di Einaudi, Feltrinelli e compagnia.

14 – Dove possiamo contattarti (e- mail, pagine social, blog personale, ecc.)?

pietro.pancamo@alice.it oppure pipancam@tin.it.

Grazie per la bella intervista.

 

Grazie infinite Pietro per aver accettato questa intervista. Ne sono proprio contenta, e mi piace molto il tuo ragionamento sull’editoria, molto interessante.
Spero che sia piaciuta anche a voi e fatemi sapere se conoscevate questo bravo autore e se avete letto i suoi libri.

Buona lettura!