La parola all’autore:
Qualche curiosità su L’eco dei sogni
L’adolescenza nella narrativa

di
Andrea Moretti

Buongiorno lettori,
eccomi con la rubrica “La parola all’autore” (se ancora non la conoscete è una rubrica di approfondimento su autrici e autori e i loro libri, e gli approfondimenti sono scritti direttamente dalle autrici e dagli autori interessati).


Ecco Andrea Moretti e il suo articolo “Qualche curiosità su L’eco dei sogni. L’adolescenza nella narrativa” (in fondo al post tutti i link riguardanti l’autore).

Di libri che hanno tentato di spiegare narrativamente il mistero dell’adolescenza, con tutte le crisi e le difficoltà che la attanagliano, ce ne sono tanti.
Da Salinger col suo Giovane Holden, Franny e Zooey e una moltitudine brillante di racconti, per arrivare alle Vergini suicide di Eugenides, le Regole dell’attrazione di Ellis, gli scritti “nevroromantici” dell’italiana Isabella Santacroce, e persino Murakami Haruki col suo Norwegian wood.
Molti di questi volumi hanno provato a sondare lo smarrimento tipico dell’adolescenza; altri il lato tragicomico; altri addirittura quello estremo e sfrenatamente mondano.
Parecchie opere, specie ai giorni nostri, ne danno un’interpretazione ridotta e stereotipata: che verte perlopiù sugli eccessi, sull’esagerazione, sull’esaltazione viscerale dell’amore, visto come soluzione definitiva a tutti i problemi relativi di accettazione.
In alcune serie tv di note piattaforme streaming, invece, questo periodo è rappresentato come un momento di svaghi goliardici, dilemmi esistenziali, adornati però da sfumature cupe, pieghe ombrose e nascoste, espresse di solito tramite canali thriller e noir, che fanno da metafora a tutti i problemi d’identità sociale che sempre contrassegnano la delicatezza dell’adolescenza.
Difficile trovare un’opera che rappresenti insieme tutti questi elementi; e complicato trovarne una che non menzioni l’adolescenza, anche soltanto accidentalmente.
Ridicolo, per esempio, affermare che una saga come Harry Potter, o persino un romanzo come Lolita, non tratti l’adolescenza, seppur da un punto di vista oltremodo diverso.
L’adolescenza è uno dei temi più trattati, e allo stesso tempo vituperati, del mondo della narrativa.
Eppure, benché a una certa età cinismo e urgenze pratiche prevalgano su tutto il resto -si diventa allergici a libri destinati soprattutto a un pubblico di teenager– nessuno può negare di essere, in segreto, incredibilmente attratto dal periodo adolescenziale: almeno sul piano narrativo.
Questo perché non soltanto l’adolescenza concerne tutte quelle cose summenzionate -a cui neppure la penna più abile riuscirebbe a trovare il giusto sincretismo- ma anche perché è un periodo che, sebbene superato, ci è rimasto dentro: con tutti i dilemmi, le paturnie, le incertezze e, specialmente, gli amori vissuti in certi momenti.
Non di rado, le persone in età adulta continuano a leggere libri ambientati in questo periodo.
Perché?
Perché a tutti deve far piacere rievocare quel momento in cui ci si sta ancora scoprendo; in cui si cerca tutto e non si scopre mai niente.
Magari, vista la complessità dell’argomento, non è mai stata scritta, né lo sarà mai in futuro, un libro in cui l’adolescenza venga analizzata in tutta la sua profondità e delicata complessità.

L’eco dei sogni: un’adolescenza prolungata

Quella trattata ne L’eco dei sogni è un’adolescenza particolare.
Reduce dal mio primo libro, Purple cat, in cui mi servivo del linguaggio dell’horror per esprimere una condizione di malessere sociale, mi sono posto, senza pretendere ovviamente di raggiungere il lustro degli autori succitati, l’obiettivo di scrivere un libro sull’adolescenza: un testo che esprimesse temi più delicati.
In queste pagine, in parte, ho tentato di rievocare quella che è stata la mia adolescenza.
Un periodo in cui, eccetto i miei amici d’infanzia, non è che avessi proprio tante relazioni sociali.
Avvertivo ovviamente le incertezze e il senso di sbandamento tipici di quell’età; ma più che affrontarle con la scoperta attiva del mondo e dei sentimenti, tentavo di superarle chiudendomi in me stesso, e in quelli che erano i miei riferimenti letterari.
In quegli anni, come adesso, coltivavo il sogno di diventare scrittore: scrivevo poesie ed ero letteralmente ossessionato da alcuni autori della tradizione giapponese -Mishima, Dazai, Kawabata- e certi scrittori decadenti come Wilde e D’annunzio.
Poi, però, anch’io ho sentito il bisogno di uscire dal guscio e aprimi al mondo.
Di lì, ecco il percorso tradizionale di un adolescente, fatto di vita mondana, vagabondaggi identitari e amori tormentati, costernato però da un’emotività esasperata. Nella fattispecie, dallo scontro dei vecchi modelli di riferimento con una realtà agile: che non può essere imbrigliata, che richiede un’identità fluida e capace di adattarsi in modo maturo ai mutamenti.
Tutta questa narrazione, visti i miei studi di sociologia, è stata accompagnata dall’interesse per ciò che gli scienziati sociali chiamano “adolescenza prolungata”, o post-adolescenza.
In un’epoca complessa e di transizione come la nostra, il periodo adolescenziale risulta prolungato non soltanto da un punto di vista pratico -percorsi di studio più lunghi, formazione continua e difficoltà a trovare una stabilità economica- ma anche dal punto di vista esistenziale.
Ci si sente perduti: per niente al passo con i ritmi quotidiani.

Il protagonista Stelio Ermioni

Stelio Ermioni, protagonista de L’eco dei sogni, è di fatti non un ragazzo, non un liceale, bensì uno studente universitario segnato da una profonda crisi esistenziale.
Le ambizioni letterarie e l’atteggiamento sensibile e romantico si scontrano con la ristrettezza di un paesino che Stelio considera privo di stimoli e attrattive.
È questa, secondo lui, la causa del suo fallimento e della sua mancata carriera di scrittore.
Sarà l’incontro con una ragazza, Erica, conosciuta a una festa in maschera, ad aprirgli gli occhi.
La relazione con Erica segnerà l’inizio di un lungo cammino spirituale, alla fine del quale Stelio arriverà metterà in discussione i suoi vecchi modelli di riferimento.
Mentre scrivevo L‘eco dei sogni il metodo di narrazione del teatro -basato su monologhi, divisione in atti e brevi descrizioni di scene- mi è parso più consono alla storia rispetto al racconto, che invece avevo adoperato in Purple cat.
Più che per essere rappresentata, però, la narrazione teatrale de L’eco dei sogni è stata concepita come unico mezzo possibile per esprimere la complessità del personaggio di Stelio.
Tutti i dialoghi di Stelio -il protagonista rimarca orgogliosamente questo nome come lo stesso del protagonista de Il fuoco– esprimono un continuo conflitto fra i vecchi modelli di riferimento e ciò in cui Stelio si sta lentamente trasformando, come si può leggere in uno dei passi più significativi del libro:

STELIO: Essere moderni è triste. Si vive di fuggevolezze: è una felicità vestita di frammenti, noi non esistiamo come identità, e io non riesco a scrivere in uno stile moderno. Troppi classici mi hanno allontanato dalla vita, dalle piccole cose, mi hanno viziato di fantasticherie, L’artista di oggi non ha più sogni in cui credere: deve esprimersi come se ogni esperienza fosse un episodio senza continuazione. Deve farsi capire da tutti: vivere la vita e dire agli altri come la si deve vivere. È compito difficile, perché l’esistenza ci impone di essere positivi; ma in realtà non ha nulla di positivo. Stasera, però, qualcosa ha lasciato in me un segno e io devo immortalarlo prima che finisca: come il momento perfetto in cui dev’essere scattata una foto. Sento che lei fugge, che lei scompare come la notte: è la prima Musa ad ispirarmi qualcosa di moderno, e per questo la ricorderò anche con una sola poesia, e rimarrà più di quanto è rimasto con le mille poesie dedicate alla mia amica. È qualcosa di dinamico, che segna un mio cambiamento interno… Sì, scriverò qualcosa, mi affiderò all’improvvisazione, il Demiurgo del vivere moderno: 

Gli abbaini nascosti dietro il mondo
mi hanno consumato le palpebre!
Ora si giace così,
senza più sogni,
tutto scivola via con leggerezza,
come un bagno spensierato
in un mare pieno di meriggi;
ma poi rimane il riverbero del cielo,
quella cosa sconfinata e indefinibile
che ti s’imprime dentro
e non ti fa più dormire!
Siamo fatti di carne,
è vero,
viviamo di scie e di colori,
sì,
ma quelle carezze di ieri
non se ne vanno
neppure quando ti risvegli. 

Stelio alza lo sguardo verso il cielo con aria pensosa…

STELIO: Anni fa, una poesia come questa mi avrebbe disgustato fino a vomitare. Avrei detto che era scritta in modo penosamente semplice, di getto, impulsivamente, che non c’erano slanci aulici, che non c’era traccia di musicalità né di virtuosismo; ora è successo esattamente il contrario, non sopporto più tutti quegli orpelli estetici e artificiosi. Forse la vita moderna non è poi così male, e questa notte mi ha veramente segnato la vita.
Buonanotte!   

La poesia indica una svolta decisiva nella vita di Stelio, dove il protagonista decide di abbracciare un atteggiamento più spensierato.
Volendo essere un omaggio all’adolescenza, non mancano nel libro slanci esasperati di un sentimento viscerale che vive l’amore come un sentimento puro e assoluto.
Anche questo amore si scontra spesso con la realtà e con i pettegolezzi di paese, che vedono Erica come una ragazza facile a causa di un evento di revenge porn:

STELIO: Voglio una sigaretta. 

ERICA: Perché vedermi ti fa venire tanta voglia di fumare?

STELIO: Perché hai il sapore ardente ed evanescente di una sigaretta. Sei come bellezza che svanisce: la notte diventa subito alba, e io ti rincorro finché non ti dissolvi insieme all’orizzonte.

ERICA: Scompaio come una sigaretta? 

STELIO: Scompari come un piacere che non basta mai! Tu, lontana da me, senti il ricordo dei miei occhi andarsene? Io, lontano da te, sento la tua immagine farsi sempre più opprimente fino a straziarmi di nostalgia. Sei come un bel sogno che, appena ci si sveglia, si vorrebbe rifare; una stagione meravigliosa ch’è finita, l’estate di un liceale quando sul mare vede tramontare il sole di settembre, il giorno dell’Epifania che cala il sipario sulle feste natalizie di un bambino. Sei un sapore forte e avvolgente che ti vizia e non riesce a saziarti. Quando ti stacchi rimani sulla gola come una sigaretta finita: tanto squisita da mangiarne anche la cicca striminzita, deliziosa e perfetta da leccarne la cenere sul pavimento. Lasci insoddisfatti perché nulla di te riesce a riempire.

ERICA: Tutto questo madrigale per chiedermi una sigaretta? Ecco qua ( gliene porge una, l’accende, e se la fumano insieme ).

Avendo un certo gusto per l’iconografia horror, il libro -nonostante gli slanci romantici- non è esente  da sequenze grottesche e crudeli, condite di un certo humor nero.
Su questo, però, non voglio anticipare nulla.
Nonostante l’ambientazione post-adolescente, il tema del malessere e i messaggi di denuncia sociale segnano una certa continuità con il mio primo libro Purple cat.
In questo caso, però, al posto del linguaggio dell’horror, mi sono servito di quello del teatro.

 

Grazie tante Andrea per averci raccontato queste interessanti informazioni.
Un approfondimento super interessante!

E voi cosa ne dite?

Buona lettura!

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