Segnalazione:
Il Cantastorie di Cristallo
di
Francesco Stampatore

Buongiorno lettori,
vi segnalo la raccolta di poesie: “Il Cantastorie di Cristallo” di Francesco Stampatore, edito Porto Seguro Editore.

Biografia:
Salve mi chiamo Francesco, ho 19 anni e sono un semplice ragazzo con la passione per la scrittura che un giorno ha avuto la folle idea di scrivere un libro. Essendo un neofita in campo letterario voi non mi conoscerete ma poco importa. Come già farò intendere nel mio libro, non è di mio gusto il muro invisibile che aspramente si interporrebbe tra me e voi, perché per me non siete semplicemente gente che fruisce passivamente del mio prodotto; io ho questo detto: “Un lettore non nient’altro che un amico che non ha ancora avuto l’occasione di prendere in giro le schifezze che scrivo”.
Per il resto che dire, sono uno studente universitario che punta ad una carriera giornalistica perché purtroppo scrivendo solo libri non si campa (e poi ho dei genitori che vorrebbero tanto buttarmi fuori di casa, ma purtroppo per loro non ci sono ancora riusciti).

Curiosità su di me
1) Nonostante io possa essere definito “poeta” (ma proprio ad essere generosi) non mi è mai piaciuto leggere poesie, l’ho sempre trovato estremamente noioso
2) Faccio parte di quel gruppo di eretici che preferisce di gran lunga vedersi il film piuttosto che leggersi il libro da cui egli è ispirato
3) Ho iniziato a scrivere poesie semplicemente perché in classe mi annoiavo da morire, e quindi preferivo specchiarmi nelle mie personali elucubrazioni mentali
4) Sono stato in terapia per anni perché ero abbastanza “depresso” (come quasi ogni adolescente d’altronde), infatti la maggior parte di questa raccolta è il risultato di un processo di autoanalisi e di autocritica che per alcuni potrebbe sembrare un po’ stucchevole, e in effetti non c’avete proprio tutti i torti

Genere: raccolta di poesie
Editore: Porto Seguro Editore
Data di pubblicazione: 1° gennaio 2023

Numero pagine: 233

Sinossi:
Quando Francesco si presenta davanti al Tribunale dei Censori Letterati, armato di sogni, speranze e di una spessa corazza di autoironia, ha un solo obiettivo: difendersi dell’accusa di essere un pessimo poeta. Per farlo, sarà costretto a recitare davanti alla giuria ognuna delle sue tante poesie, dalle più acerbe alle più recenti. Il cantastorie di cristallo, così, diventa un libro che si commenta da solo, snocciolando a un sempre più divertito lettore una silloge di versi insospettabilmente profondi, tra primi amori, citazioni letterarie, introspezione e critica sociale. Riuscirà il nostro improbabile eroe a superare il giudizio della corte? 

Sigaretta

Un difetto della mia scrittura che in passato mi fu spesso imputato era quello d’essere verboso. Ognuno di voi avrà notato che i versi eccessivamente lunghi depauperano l’essenza stessa della poesia: al tempo io, invece, ero troppo presuntuoso per rendermene conto. Non saprei dirvi con certezza da cosa nascesse quest’immotivata presunzione, visto che persino io, se leggessi le mie passate produzioni letterarie senza sapere di esserne il fautore, mi schernirei; volendo fare una filippica a me stesso potrei dire che l’insicurezza e la consapevolezza della mia profonda inettitudine riguardante ogni ambito della vita sociale svilupparono in me un disperato bisogno di percepirmi come “talentuoso e dal futuribile successo” in qualcosa. Comunque ciò non toglie che la poesia, se fatta bene, sia un impattante mezzo di comunicazione per chi ha gli occhi per leggere e il cuore per ascoltare (ok, dopo questa stronzata in stile Edmondo de Amicis potete anche chiudere il libro, nessun rancore).

In questa poesia ho cercato di esprimere il dolore, la solitudine, la sofferenza per amore ecc.

Vabbè avete capito, buona lettura.

La bellezza dell’universo
racchiusa nel suo sorriso,
lo guardo e lo detesto:
lacrime scavano il viso
Dimmi che cosa mi resta
quando ti dissolvi nel limbo,
un sogno per la testa:
il bagliore del nimbo
si affievolisce
fino a spegnersi,
il cuore si ferisce
non resta che perdersi;
e ne rimase il ricordo:
una sigaretta spenta sul corpo

 

Nevrosi

L’unica volta in cui mi distinsi in un concorso (non sono arrivato primo, finì semplicemente nelle menzioni onorevoli, ma almeno mi pubblicarono sul loro libro) fu con questa poesia.

Senza dilungarmi in inutili spiegazioni, praticamente dovetti dedicare una poesia a Vittorio Alfieri, solo che il concorso scadeva praticamente il giorno dopo quindi non avevo tempo per fare una ricerca su di lui, e allora improvvisai sul momento.

Ammetto d’essere andato fuori tema. Non mi aspettavo affatto di vincere, ma ottenni comunque la pubblicazione. Mi ritengo abbastanza soddisfatto.

Presumo sia abbastanza complicato comprendere le mie intenzioni in questa poesia, me ne rendo conto, quindi facciamo un gioco: ho riempito il testo di riferimenti a Vittorio Alfieri (e non solo), vi sfido a trovare tutte le citazioni. Vista la mia magnanimità, una ve la troverò io: il titolo Nevrosi si riferisce al fatto che alcuni biografi moderni abbiano descritto l’infanzia dell’autore come quella di un bambino “tendente alla nevrosi”, condizione che lo avrebbe portato successivamente ad avere disturbi psicosomatici.

Ora sta a voi trovare il resto.

Nelle tre carte tu fosti l’Immago
che col giuoco del giumento giunco
celò l’asso con fare vago:
o’ Saul, su tormenti adunco

Satira da Misogallo
e ti prendesti il pollaio,
te ne facesti il callo
e, con l’erbacce, il vivaio

Tra Creonte ed Antigone
non cambia l’antifona,
tra lo Ione ed il Critone
due volti di una bifora

Così pregno di ipocrisia
nel prodigarti per cause altrui,
avvezzo all’antonomasia
nel diffinir il fallimento che fui

Amareggiato dalla società,
da coppie alla Antonio e Cleopatra
che non splendean di beltà
ma con più libido di oranghi del Sumatra

Più maschere da vittime della tirannide
che nel seppelir la sardina
Una fiumara umana scava nella grandine

di cotanta tronfiezza da scrivervi biografie
Che se Don Vitto, dall’alto, si guardasse
da voi, vi scimmiotterebbe ogni passo in abasie

 

Epitaffio del Mare

Non sarò originale, avrò “scoperto l’acqua calda”, ma ci tengo a ribadirlo con fermezza: gli haiku rappresentano la poesia del futuro. In un’epoca dove ogni cosa si muove a un ritmo frenetico (soprattutto la comunicazione) io ritengo che questa sia un’evoluzione necessaria. Ormai non ci soffermiamo più su niente, noi giovani abbiamo sviluppato una soglia d’attenzione pericolosamente bassa e, sinceramente, ritengo ardua l’impresa di poterci rieducare alle esigenze espressive della poesia che tutti noi amiamo, perciò perché non adattiamo noi la poesia alle esigenze della società capitalista e consumista moderna?

Ormai ho deciso di comporre questa raccolta di poesie scritta in un certo modo, però chissà… magari la mia prossima silloge potrebbe essere composta solo da haiku, poesie perfette per Instagram… Ci penserò su. Del resto, oltre ai poeti orientali, si sono serviti di questo espediente anche grandissimi scrittori come Ungaretti e Kerouac, quindi vuol dire che anche in Occidente potrebbe funzionare.

Scempiaggini a parte, essendo di Roma anch’io ho un minimo di legame con il mare: ovviamente non a livello dei liguri, dei siciliani o dei campani, ma abbastanza forte da comprendere come Ostia, per molti anni, sia stata un cimitero per quella concezione romantica del cosiddetto “oro blu”, che poeti e pittori per intere generazioni hanno cercato di trasmetterci con tanta passione. Pertanto, ho deciso di dedicargli due paroline anch’io.

Il pelago visse delle sue intemperie
e nel bruir del carcame
la vanagloria dell’orbe sommerso

 

Interessante, cosa ne dite?

Buona lettura!